VINI ITALIANI

 

“Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo e una delle cose naturali del mondo portata alla massima perfezione, e offre un maggior campo di gioia e apprezzamento di qualunque altra cosa puramente sensoriale.”- Ernest Hemingway.

Il gusto dell’eleganza in tre diverse espressioni della denominazione Nizza della cantina Amistà di Nizza Monferrato: Amistà Nizza DOCG, Amistà Nizza DOCG Riserva e Amistà Vermouth DOCG, che celebrano il terroir, la biodiversità e il meglio dell’artigianato piemontese. Tutti i vini prodotti da Amistà sono Nizza DOCG. E i vini sono ottenuti da vigneti che hanno più di 30 e 50 anni. In alcuni casi, le viti hanno più di 90 anni. Il Nizza è riconosciuto come la massima espressione del vitigno Barbera. I vini Amistà sono prodotti in piccole quantità e ogni bottiglia è numerata. Sono prodotti con uve provenienti da vigneti del cru Bricco di Nizza.

“Ad Amistà non usiamo le scadenze”, dice Luca D’Attoma, enologo di fama mondiale che collabora come consulente con Amistà, “abbiamo un solo obiettivo: creare il miglior vino possibile. Durante tutto il processo di vinificazione e invecchiamento, puntiamo a mantenere il carattere naturale delle uve, la loro eleganza e il loro equilibrio. Anche l’affinamento in bottiglia è più lungo del termine richiesto dalla denominazione. Il nostro Nizza è invecchiato sei mesi in più rispetto a quanto richiesto e il nostro Nizza Riserva è invecchiato 12 mesi in più rispetto a quanto richiesto prima di essere rilasciato”.

Un omaggio speciale è stato reso alla nobile tradizione piemontese con Amistà Nizza Vermouth, prodotto con il 100% di vino Nizza. La scelta di utilizzare il Nizza come vino base è un omaggio ai primi pionieri del grande vermouth. Il vermouth iniziò a comparire a Torino verso la fine del XVIII secolo. La sua ricetta affonda le radici nei vini aromatizzati che producevano gli antichi Romani. Nell’antichità era molto apprezzato per le sue proprietà medicinali. Ma a Torino sarebbe diventato un simbolo di convivialità. Veniva servito alla corte dei Savoia. E veniva offerto agli ospiti dei migliori Saloni. Veniva consumato regolarmente durante l’“ora del vermouth” in innumerevoli locali che costellavano il paesaggio torinese del XIX secolo. Il grande scrittore italiano del XIX secolo Edmondo De Amicis cita il vermouth nel suo libro Le tre capitali (Torino-Firenze-Roma) del 1897. Alla fine di quel secolo, c’era una miriade di produttori di vermouth che sorgevano lungo i binari della ferrovia che portava alla città portuale di Genova, dove veniva spedito in oltre 150 Paesi. Nel corso del tempo è diventato il vino aromatizzato più famoso del mondo.

Le Langhe sono una terra di dolci colline sinuose contrapposte a paesaggi ripidi e scoscesi, dove i vigneti sono stati lavorati per secoli. Questa combinazione crea un territorio di struggente bellezza che è diventato Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.
Proprio la bellezza e l’asprezza delle Langhe hanno dato vita a una delle forme d’arte più nobili: la trasformazione del grappolo in vino. I vini delle Langhe sono prestigiosi in Italia e famosi in tutto il mondo: Barolo e Barbaresco, Barbera e Dolcetto, Moscato e Arneis. Già dai primi anni di produzione, Salvano ha prestato grande attenzione alla selezione delle uve.

L’azienda possiede vigneti a Ricca, Roddino, Barbaresco, Treiso, Serralunga, Monforte, nel Roero e a Diano d’Alba (terra storica della prima sede della cantina). I vigneti sono trattati e lavorati dai contadini, secondo la tradizione, in modo da preservare le diverse caratteristiche di ogni terreno. Terra e microclima sono i due elementi per un’uva perfetta e unica. Salvano lascia crescere le sue uve in questi diversi vigneti, dove i terreni dai sapori e dagli aromi particolari producono uve uniche. Queste uve sono ulteriormente mitigate dal microclima di ogni vigneto. Stagioni diverse, temperature ideali sia di giorno che di notte, esaltano gli aromi e la presenza di tannini che caratterizzano la struttura di ogni vino. Questi due elementi trasformano le uve nei vini esclusivi di Salvano.

Le origini delle cantine Salvano risalgono a poco dopo la metà del XX secolo. All’epoca la viticoltura non era l’unica attività dell’azienda e infatti si coltivavano grano, patate e nocciole. Tuttavia, è possibile stabilire negli anni ’60 l’inizio della trasformazione dell’uva in vino adatto alla vendita e al commercio. Angelo Salvano inizia la produzione di vini nella cascina “Grillo” tra i vigneti di Diano d’Alba, nel cuore delle Langhe.

I suoi prodotti, frutto del duro lavoro in vigna e della dedizione a una terra dura e ricca allo stesso tempo, iniziano a essere conosciuti da molti. Nell’immediato dopoguerra, la ferrea volontà del figlio Saverio gli permette di ampliare la cantina e di trasferirsi in Valle Talloria. Da qui inizia l’imbottigliamento del vino, prima venduto e distribuito solo in piccole botti e damigiane. Il nome Salvano diventa sinonimo di vini di qualità, riscuotendo successo in tutto il Nord Italia.

Alla fine degli anni Novanta la famiglia Bolfo decise di ristrutturare i ruderi di un convento del XVII secolo che si trovava vicino alla loro casa di campagna nel borgo di Pievasciata, nel comune di Castelnuovo Berardenga (Siena). I vigneti che circondavano il convento, trasformati in Hotel***** Le Fontanelle, hanno dato inizio alla storia di Vallepicciola.
La tenuta si estende su un totale di 265 ettari con 4.000 olivi e 105 ettari di vigneti che sono stati piantati scegliendo esposizioni favorevoli per ottimizzare la maturazione lenta e graduale. Le importanti escursioni termiche che caratterizzano queste zone, insieme ai terreni ricchi di argilla, marna calcarea, galestro e alberese, contribuiscono a creare un habitat ideale per la coltivazione della vite e la produzione di vini eleganti e unici. Vallepicciola produce attualmente circa 500.000 bottiglie all’anno, dove il Chianti Classico e il Pinot Nero sono i prodotti più significativi.
La cantina di 6000 m2, per l’80% interrata e caratterizzata dal processo di gravità delle uve, è stata completata nel 2020. Progettata dall’arch. Margherita Gozzi, appare ai visitatori perfettamente integrata nel territorio con una meravigliosa armonia. Si compone di due piani interrati dove si svolgono tutte le fasi produttive (dalla fermentazione alla spedizione) e di un piano fuori terra dedicato all’ospitalità, punto di partenza per suggestive visite alla scoperta della cantina e dei vigneti vicini.

Il Pinot Nero, tra i più pregiati vitigni al mondo, capace di dare vini di straordinaria eleganza e armonia.

E proprio questa è stata la sfida: produrre un grande vino in una terra famosa per altri vitigni, ma non per questo.
L’azienda Podere Monastero si trova a Castellina in Chianti, nel cuore della Toscana, a circa 500 metri sul livello del mare. È stata fondata nel 2000 dal proprietario ed enologo Alessandro Cellai con l’unico obiettivo di produrre un grande Pinot Nero. La superficie vitata è di 3 ettari, di cui solo 1,5 destinati al Pinot Nero. I restanti 1,5 sono dedicati al Cabernet Sauvignon (50%) e al Merlot (50%).
Podere Monastero offre solo due vini: La Pineta (100% Pinot Nero) e Campanaio (50% Cabernet Sauvignon e 50% Merlot), con una quantità totale di 8000 bottiglie numerate all’anno.
Le etichette originali dei vini sono state realizzate dalle preziose mani del celebre scultore Konrad Winzer.

Il risultato? “Quando ho iniziato la mia avventura nella produzione di Pinot Nero a Castellina in Chianti, ero considerato da molti un pazzo. Oggi Daniele Cernilli, uno dei più grandi critici del vino, ha premiato La Pineta 2016 con 97/100 e soprattutto come MIGLIOR PINOT NOIR ITALIANO, dandomi così un’immensa gioia oltre che lo stimolo a migliorare sempre in questa importante ed entusiasmante sfida. Ci ho sempre creduto e continuerò a crederci.
Grazie a Doctor Wine e a Daniele Cernilli”.

Alessandro Cellai, anno 2019

L’azienda agricola Gli Archi si trova nella favolosa Toscana, tra le dolci colline di Poggio alla Farnia, nel comune di Fauglia, un borgo storico in provincia di Pisa, ricco di natura e di fascino, terra di grande interesse agrario fin dall’antichità e che ancora oggi mantiene questa caratteristica. Splendidi boschi e antiche ville fanno da cornice a questo borgo medievale, un territorio segnato dall’itinerario della Strada del Vino delle Colline Pisane.

Un territorio che si estende su 15 ettari di natura, con una grande varietà di flora e fauna, Gli Archi è il luogo dove trascorrere le vacanze immersi nella natura e dove degustare i vini e l’olio di produzione interna, testimonianza dell’autenticità di queste terre.

L’azienda biologica a conduzione familiare, con i suoi stimati membri – cavalli di razza Comtois, che contribuiscono a portare avanti un progetto di valorizzazione dei terreni con minore compattamento del suolo e migliore fertilità. Gli Archi produce da anni vini rossi e bianchi, frutto della passione e dell’esperienza che, unita alle caratteristiche uniche del suolo toscano, permette all’azienda di produrre vini di qualità eccellente.

Cantina Valpolicella Negrar è il leader nella produzione di vini della Valpolicella (Amarone, Ripasso, Appasimento, Valpolicella) con 1000 Ettari di vigneto nella denominazione, composta complessivamente da 4000 Ettari.

La produzione è stata organizzata in due linee di vini:
– Vini Cantina Negrar
– Cru Domini Veneti

L’intera produzione è certificata BEC e IFS secondo gli standard internazionali richiesti dalle catene di commercio internazionale.

Questa è la cantina dove è nato l’Amarone, dove storia, tradizione e innovazione si fondono nei più alti standard qualitativi che si possano trovare sul mercato.

AMARONE. Il re della Valpolicella

Il nome di questo strutturato vino rosso veronese deriva dalla parola “amaro”, parola che lo distingue immediatamente per contrasto dal dolce Recioto della Valpolicella da cui erroneamente è nato.

Era il 1936 quando Adelino Lucchese, direttore della Cantina Sociale Valpolicella Negrar, notò una botte di Recioto dimenticata. Il Recioto era ormai “scapà” (scappato) ed era diventato secco. Un grave errore, visto che storicamente il Recioto era (ed è) un prestigioso vino dolce! Tuttavia, prima di definirlo una perdita, Adelino volle farlo assaggiare a Gaetano Dall’Ora, il presidente della cooperativa fondata nel 1933. Gaetano portò al naso il bicchiere di questo vino sconosciuto e lo assaggiò subito. La scoperta fu sorprendente. Genialmente ispirato e inebriato da tanti aromi e sapori, il presidente esclamò: “Questo non è un amaro, è un amarone!”. 

Cosa era successo? In sostanza, il Recioto era stato messo in botte e poi dimenticato e non decantato, così aveva continuato a fermentare fino a diventare secco. Gli zuccheri si erano tutti trasformati in alcol e avevano fatto perdere al vino la sua dolcezza, dando origine a un vino dagli aromi complessi e affascinanti, ma dal gusto secco, proprio l’opposto del Recioto dolce. L’Amarone, appunto. Era nato un re.